In un’illustrazione molto nota, c’è un cerchio che rappresenta la zona di comfort, ed un altro, ben distinto, che recita “ Where the magic happens”.
Ce n’è però un’altra che, secondo me, racconta la verità: la magia accade nell’intersezione tra la zona protetta e quella del disagio.
Restare sempre all’interno dei nostri limiti ci fa sentire sicure, perché già conosciamo i meccanismi, le risposte, le azioni da fare; o pensiamo di saperlo e quindi chiudiamo le porte alle nuove opportunità. D’altra parte, gettarsi a capofitto nell’ignoto ci potrebbe far prendere rischi non calcolati e aumentare lo stato di stress ( che confondiamo invece con l’adrenalina della novità ).
La soluzione è sempre nel mezzo.
Quando ho deciso di realizzare un progetto indipendente, non avevo previsto un piano B; ero partita da un corso per far chiarezza sui miei talenti, avevo ripreso in mano alcuni testi di marketing e annotavo idee su ogni quaderno possibile.
Non avevo una struttura, soltanto una visione mitica della vita da freelance: libertà, creatività, tempo.
Lo rifarei? Certamente! Lo consiglierei? Non in questa maniera.
Nei mesi successivi, con ostinazione fiduciosa, ho presentato online una proposta di business che nella mia testa avrebbe attirato la nicchia giusta in poco tempo e mi avrebbe dato visibilità nel settore che m’interessava. Poco importava che:
- Non avessi assolutamente fatto un’analisi di mercato prima di lanciare il mio business
- I contenuti del sito fossero generici e non parlassero dei bisogni specifici del target di riferimento
- Il ritratto delle potenziali clienti fosse vago e variegato
- Non tenessi conto delle spese legate al business stesso o alle formazioni che accumulavo
- Non avessi un’agenda quotidiana di lavoro.
Ho capito che l’idea giusta si precisa nel tempo; è come la bozza di un romanzo, ancora confusa, con i personaggi poco delineati e i dialoghi monotoni. È questione di disciplina: anche i grandi scrittori ne hanno una, nonostante questo voglia dire passare ore davanti al foglio bianco.
Se dovessi allora riscrivere la mia storia, farei così:
- Elaborerei un retro planning: considerata la data d’inizio del business, preparerei la lista di tutto ciò che mi serve per realizzarlo e li trasformerei in micro-obiettivi ( misurabili, realistici e flessibili quanto basta )
- Andrei alla ricerca di persone-risorsa: nulla è più difficile nella vita da freelance che confrontarsi solo con se stessi; chiedere aiuto, un consiglio, o semplicemente un’uscita per un caffè, diventa sintomo di debolezza.
- Studierei attivamente il mercato: un business sostenibile è il connubio di ciò che ami, ciò che sai fare e ciò che il pubblico chiede; se manca una di queste tre variabili, l’equilibrio cade.
E se avessi dato maggiore attenzione al ruolo di visual merchandiser che ricoprivo nell’azienda precedente, avrei potuto ispirarmi ad alcuni aspetti pratici che ho poi ritrovato nel business da freelance, come la pianificazione giornaliera delle attività – chi / cosa / quando, un’analisi completa delle vendite e la relazione personalizzata con le clienti. Guardavo oltre e non coglievo la lezione dell’esperienza che vivevo: si trattava di re-inventarla in un’ottica indipendente, adattandola alla mia personalità più introversa e ritrovando le radici dei miei valori.
Questa storia è universale.
Se stai pensando di cambiare lavoro, metterti in proprio o cambiare totalmente vita, perché sei certa che sia la decisione migliore per te, io ti incoraggio a farlo; prima però, considera la motivazione autentica dietro questa scelta ( In cosa è importante per me? ) e la sua sostenibilità ( Quale costo ha per me raggiungere questo obiettivo? Ha influenza sulle persone accanto? ).
In quel momento, la magia accadrà!
Quali sono le tue zone di comfort? E che cosa potresti fare per invitare la magia ad entrare?
Alessia Savi dice
Questa storia mi piace molto, perché mi ci rivedo moltissimo, dato che sono in start up con la mia attività di freelance. Come hai sottolineato tu, una delle cose più semplici che facciamo, è cancellare il nostro background lavorativo se differisce da quello che abbiamo scelto. Come fosse un’onta. A volte, almeno per ciò che mi riguarda, è difficile comprendere cosa posso portarmi di buono dalla mia precedente situazione lavorativa, o cosa posso reinventare che possa essere utile ai mie clienti e che mi dia un valore aggiunto rispetto ad altri professionisti che lavorano nel mio settore.
Come fare?
Non ho una risposta, certo è che questo articolo mi ha fatto capire che devo focalizzare di più, per trattenere ciò che ho imparato e sfruttarlo.
Anna Bassano dice
Esatto! È come se passassimo una spugna sul passato pensando che non possa insegnarci nulla… Hai provato a fare una lista di tutto ciò che facevi, anche di piccolo, nel lavoro precedente e quali competenze hai acquisito? Io l’ho fatto ed è lì che ho ritrovato il fil rouge della mia carriera 🙂 Soltanto, avevo così voglia di voltare pagina che ci ho messo mesi per capirlo! E ancora oggi ritrovo spunti.