Il primo anniversario da freelance è arrivato, infine ( o di già? ): è stato un anno incostante, a tratti pieno di clienti da seguire, a tratti silenzioso, ma che mi ha insegnato parecchio su di me.
Lavorare in proprio mi sta permettendo di fare i conti con me stessa, di attingere energia dalla resilienza conquistata negli anni, di guardare in faccia le mie paure per uscirne più forte. Per quanto, infatti, si possa avere una strategia solida alla base del proprio progetto, si tralascia il più delle volte la parte emotiva: Sono abbastanza brava? E se non riuscissi a comunicare il mio valore? Quanto è giusto essere pagata?
Dietro ogni domanda, c’è un mondo che si apre, fatto di substrati educativi, di slanci ottimistici e di altrettante discese nel dubbio.
Io ho avuto bisogno di un anno per valutare il mio lavoro e rendermi conto che, sì, posso aiutare le mie clienti a realizzare i loro obiettivi; ho avuto bisogno di questi mesi per trovare la quadra nell’organizzazione, per sistemare le offerte, per sperimentare fuori dalla mia zona di comfort. La difficoltà che resta, oggi, è quella di chiudere la porta a fine giornata, per evitare di sovrapporre vita privata e professionale. Quando ero dipendente, abbassata la serranda, tornavo a casa leggera; capitava di avere qualche preoccupazione, ma niente che non potesse essere risolto il giorno dopo. Da freelance, anche dopo aver chiuso il pc, continuo a pensare ai lavori da terminare, alle mail da inviare, ai post da pubblicare; questo non è più sostenibile per me.
Che cosa lascio andare?
Lascio andare l’ansia da prestazione, perché non è utile al mio business; imparerò sempre qualcosa, è nella mia indole, però voglio concentrarmi su quello che già posso trasmettere e farlo con entusiasmo.
Lascio andare l’ansia di fissare i prezzi, perché in un anno ho capito infine quante ore di lavoro sono incluse in una consulenza, che siano visibili o dietro le quinte; e che i prezzi che avevo stabilito non sono allineati con quello che offro.
Lascio andare l’ansia di seguire le regole del marketing digitale; non ho né voglia né tempo di inveire contro gli algoritmi dei social networks o i fake followers, di studiare strategie altrui consolidate, ma che nel mio business non funzionerebbero, di obbligarmi a scrivere qualcosa se non ho nulla da dire.
E cosa manterrò?
Manterrò la gioia nel conoscere le storie – e le sfide – delle persone che mi contattano, anche se non diventeranno miei clienti; amo ascoltare perché scopro altre visioni e nei loro occhi vedo l’ardore dei nuovi inizi.
Porterò con me la voglia di formarmi per affinare il mio percorso e ricomporre il puzzle della mia identità professionale.
Continuerò a divertirmi nel cercare una soluzione per superare un’impasse o rendere più fluido un processo di lavoro.
Un anno fa lanciavo il mio business nel Solstizio d’estate, pensando a posteriori di aver scelto il momento meno interessante dell’anno, prima delle vacanze estive, quando tutti avevano voglia soltanto di prendersi una pausa dal lavoro. Oggi, ringrazio me stessa per questa scelta, sia perché il giorno di Litha mi ha insegnato molto, sia perché quest’anno sono io ad aver bisogno di qualche giorno di libertà per ricaricarmi e celebrare il cammino fatto finora.
Che si dia inizio alle danze d’estate!
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