Di fronte un blocco – strategico, creativo, intellettuale, emozionale – la reazione più immediata è di frustrazione: ci sentiamo in un vicolo cieco, senza appigli né luci di emergenza. Ogni decisione è accompagnata da mille dubbi, ogni azione richiede uno sforzo moltiplicato all’ennesima potenza; l’unica soluzione ci sembra quella di tornare indietro e lasciar perdere.
A me capita spesso di fronte una pagina bianca; l’ansia da prestazione sale così in alto da farmi aprire e chiudere la bozza più volte in un’ora. Cosa scrivo – e se non interessa – lo hanno già detto – cerco ispirazione altrove e poi torno è il mio percorso abituale: scriverlo qui mi fa sorridere ma, sul momento, la reazione è di tutt’altra natura; succede, quindi, che la bozza rimanga tale per giorni fino al momento in cui non mi impongo di terminarla.
LE RAGIONI DEL BLOCCO CREATIVO
- La paura di mettersi in gioco
- L’insicurezza di non riuscire
- La noia di imparare altro
- La fissità della zona di comfort
- L’incapacità di vedere oltre l’orizzonte
Non sempre ce ne rendiamo conto in maniera così cristallina, ma andare fino in fondo può aiutarci a capire qualcosa in più su di noi e sulle nostre reazioni al cambiamento. I blocchi, oltretutto, non sono tutti uguali: alcuni possono essere aggirati più facilmente, come quelli legati alla strategia, altri richiedono più sforzo, perché connessi alla nostra autostima o a un momento di stanchezza fisica.
Il primo passo è prenderne consapevolezza e puoi farlo attraverso queste tre domande:
Cosa c’è dietro il blocco?
Come ti fa sentire questo blocco?
Se non esistesse, che cosa faresti?
Conoscerne la natura è fare già un passo avanti, perché potrebbe rivelarsi meno ostico di quanto credevi all’inizio. Nel mio caso, ad esempio, l’ansia dello scrittore risale agli anni di scuola: ho sempre scritto temi brevi credendo di non essere abbastanza brava, che quello fosse il mio stile, che fosse necessario arrivare subito al nocciolo della questione e chiudere lì. Guardavo con ammirazione alle compagne di classe che riempivano colonne con mano veloce, mentre io ero ancora all’incipit; tuttora cerco di carpire il segreto di questa scorrevolezza per farlo mio.
Ma il blocco si fa beffa di me quando lo prendo dal lato sbagliato, facendo muro o evitandolo; è lì che aspetta, coriaceo. Posso aggirarlo soltanto infiltrandomi in esso come un rivolo d’acqua: una goccia alla volta, una parola alla volta, un’azione alla volta, giusta o sbagliata che sia. Esploro nuove direzioni finché non trovo quella che mi fa sentire bene ( l’acqua può essere più testarda del muro stesso ): solo in quel momento, mi fermo e mi rendo conto che, in fondo, la soluzione era davanti i miei occhi.
LA CREATIVITÀ HA BISOGNO DI ESSERE COLTIVATA
Elisabeth Gilbert, nel suo bestseller Big Magic, afferma che le idee sono volatili e che si recano da chi è pronto ad accoglierle. Accogliere, però, non vuol dire semplicemente stare lì ad aspettare che si manifestino, sarebbe troppo semplice! Le idee riconoscono chi ne rispetta il potere, coltivando ogni giorno la creatività, anche quando non se ne ha voglia.
Le idee sono forme di vita energetiche e incorporee, completamente separate da noi, ma in grado di interagire con noi – sebbene in modo strano. Le idee non hanno un corpo materiale, ma possiedono una coscienza e di sicuro sono dotate di volontà. Sono mosse da un unico impulso: essere rese manifeste. Trascorrono l’eternità a girarci intorno, alla ricerca di un essere umano disponibile e compiacente. […] Quando un’idea pensa di aver trovato qualcuno in grado di portarla al mondo – uno di voi, mettiamo – vi farà visita.
Non ci sono formule magiche per coltivare la creatività semplicemente perché ognuna di noi ne ha una percezione differente; le uniche costanti sono la perseveranza e il permesso che diamo a noi stesse di esprimerla. Tu sei pronta a farlo?
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